| Fra le zone della cosiddetta Romània perduta, cioè di quelle regioni dell’Impero romano in cui la latinità è regredita in un tempo più o meno lontano dell’età antica, senza dar luogo a continuazioni neolatine che siano sopravvissute abbastanza da lasciarci documenti scritti, vi è l’Africa del Nord. Dall'esame delle sopravvivenze lessicali nei dialetti berberi e della toponomastica, sembra, anche se non vi è la certezza assoluta, che il latino africano avesse lo stesso sistema vocalico del sardo, che conservasse il suono velare di C davanti a -e/-i e la sibilante finale (s). L’aggiunta di una vocale, prostesi vocalica, probabilmente di timbro medioalto [e I] e resa perlopiù con i-, all’inizio di parole che cominciano con un nesso di [s] seguito da altra consonante (ad es. istipendiorum, CIL VIII 21516) è stata rilevata come particolarmente frequente nel latino delle epigrafi africane. La prostesi è regolare, oltre che in galloromanzo e iberoromanzo, anche nel sardo logudorese (cfr. lat. SCALA(M) > fr. echelle, sp. escala, sd.logud. iskala). Insomma il latino del Nordafrica sarebbe strettamente imparentato con gli attuali dialetti sardi. Non è facile stabilire quale fosse il livello di diffusione del latino al momento dell'invasione araba. Quasi sicuramente era ancora vivo il (neo)punico, lingua semitica, mentre doveva essere estinto il vandalo, lingua germanica, di cui restano soprattutto elementi onomastici. Il neo-latino d‘Africa è sopravissuto fino al XII sec. almeno, secondo la testimonianza del geografo arabo al-Idrisi, che, a metà del XII secolo, attestava che nella città tunisina di Kafsa la maggior parte degli abitanti, cristiani berberizzati, parlava una "lingua latina africana", cioè verosimilmente una varietà locale di neolatino. Probabilmente l’estinzione totale deve essere avvenuta nel XVI sec.secondo quanto scrive l’umanista italiano Paolo Pompilio (1455-1491): "Venit nuper ad urbem mercator quidam exploratae fidei a Tunete, homo Gerundensis, nomine Riaria; quem cum multa de Aphrica interrogassem, rettulit se maximam illius partem peragrasse, idque spatio triginta annorum, vidisseque in agro Capsensi regionem multis pagis habitatam, cui nomen est arabice Niczensa, et in montanis Gibel Oresc, ubi pagani integra pene latinitate loquuntur et ubi voces latinae franguntur, tum in sonum tractusque transeunt sardinensis sermonis, qui, ut ipse novi, etiam ex latino est. Regio illa quinque diariis distat ab agro Carthaginensi, ubi Tunis nunc est, ex quo latini nominis fuit Africa. Idioma hic priscum servatum est et in insula, quamvis valde corruptum."
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