[Corso di Storia Militare] La polvere da sparo arriva in Europa.

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_Evans_
view post Posted on 15/7/2010, 07:18




In qualità di professore dell'Università degli Studi di Vitla,
annuncio i signori vetlani che in data di domani, alle ore 15:00 avrà inizio un corso di Storia Militare sull'evoluzione delle tecniche di combattimento con l'arrivo in Europa della polvere da sparo. Il corso è diviso in più lezioni e avrà la durata di un mese. Ogni cittadino è invitato a partecipare con domande o approfondimenti relativi al tema trattato.

Professor Evans

 
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_Evans_
view post Posted on 16/7/2010, 13:31




Chiedo scusa ma causa impegni personali desidero rimandare l'inizio del corso a stasera.
 
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_Evans_
view post Posted on 17/7/2010, 08:06




La polvere nera o polvere da sparo è una sostanza che brucia in maniera esplosiva, usata come propellente per le armi da fuoco. La polvere nera produce un'onda di deflagrazione subsonica, in opposizione alla detonazione supersonica degli altri esplosivi; appartiene quindi alla categoria degli esplosivi deflagranti. Questo riduce le punte di pressione sulle camere di scoppio delle armi, ma la rende meno idonea per la demolizione delle rocce e delle fortificazioni. Fino al 1870 è stato l'unico esplosivo da lancio e da scoppio.

La composizione ottimale della polvere nera è costituita da (percentuali in massa):

-nitrato di potassio nella proporzione del 74,65%
-carbonella di legna nella proporzione del 13,50%
-zolfo nella proporzione del 11,85%

La combustione della polvere nera è una ossidoriduzione complessa che produce molti prodotti di reazione in rapporti variabili come il carbonato di potassio, solfato di potassio, solfuro di potassio, zolfo, nitrato di potassio, tiocianato di potassio, carbonio, carbonato di ammonio, biossido di carbonio, azoto, monossido di carbonio, acido solfidrico, idrogeno, metano e vapore acqueo. Variando i dosaggi si hanno caratteristiche differenti; ad esempio se si aumenta la concentrazione di carbone si ha un aumento nella velocità di reazione ma una diminuzione del potere calorifico. Una buona formula, a più elevata velocità di reazione della precedente formula classica, è la seguente: 73% nitrato di potassio, 20% carbonella di legna, 7% zolfo (razzi e bombe carta). Al contrario, se si ha necessità di bassa velocità di reazione ed elevata emissione di luce e calore (fontane e articoli pirotecnici statici) è necessario aumentare la percentuale di zolfo, ad esempio: 75% nitrato di potassio, 18% zolfo, 7% carbonella di legna. Additivando la polvere con piccole percentuali di magnesio e alluminio polverizzati si ottiene un aumento di emissione luminosa, calore e pressione, il che aumenta la spettacolarità del fuoco artificiale. Aggiungendo alcuni sali di metalli si ottengono, infine, diverse colorazioni più o meno intense: i sali di bario, in particolare il nitrato barico, danno un colore verde acceso, i sali di stronzio e calcio un colore rosso-arancione, quelli di rame verde-azzurro, di sodio giallo-oro, di potassio violetto ecc. Nelle moderne polveri piriche il nitrato di potassio è stato sostituito da una miscela di clorato e perclorato di potassio il che rende la miscela più resistente all'umidità e ne aumenta il potere calorifico. Al posto di zolfo e carbonella vi sono farine di prodotti plastici e/o fosforo.
 
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_Evans_
view post Posted on 11/8/2010, 10:48




L'uso bellico della polvere nera, inizialmente diffuso in Cina, attraverso le invasioni mongoliche e il mondo islamico arrivarono in Europa intorno al 1300. La prima arma da fuoco che comparve nel nostro continente fu il cannone, inizialmente di piccolo calibro, seguita da un arcaico mortaio. La prima arma da fuoco "portatile" fu l'archibugio, arma piuttosto pericolosa che spesso di rivelò fatale per lo stesso archibugere.

Il funzionamento dell'Archibugio - da Wikipedia

Caratteristico degli archibugi era il sistema di accensione a miccia: tramite la pressione su di una leva (simile a quella delle balestre) o di un grilletto, una miccia, fissata ad un braccio metallico, veniva avvicinata alla polvere di innesco provocando la partenza del colpo. Altri modelli di archibugi più costosi e sofisticati utilizzavano la "piastra a ruota" che evitava l'impiego della miccia accesa. Tuttavia per l'estrema fragilità non vennero mai utilizzati dalle truppe ordinarie. Gli archibugeri cominciarono ad essere impiegati in massa durante le guerre tra Francia e Spagna sul suolo italiano nella prima metà del XVI secolo. In particolare, durante la battaglia di Pavia, gli archibugeri spagnoli massacrarono la cavalleria pesante francese catturando lo stesso Re di Francia Francesco I.

Effetti del cannone sulla tattica bellica.

La comparsa del cannone all'inizio dell'evo moderno rivoluzionò la tattica bellica in generale e quella di assedio in particolare. Le nuove armi aprivano facilmente grandi brecce nelle mura di città e castelli, per alte e spesse che fossero: le vecchie fortificazioni medioevali divennero di colpo vulnerabili. Fu trovata la soluzione al nuovo problema difensivo usando terrapieni in muratura: le nuove mura cioè sarebbero servite a contenere il terreno, che avrebbe assorbito l'urto dei proiettili d'artiglieria. Cambiò anche la forma: invece di cingere la città o il forte in modo da racchiudere il massimo spazio con la minima lunghezza, i nuovi terrapieni erano triangolari, e davano alle fortezze una forma a stella. Questo avrebbe offerto ai cannoni nemici una superficie obliqua, su cui i proiettili avrebbero rimbalzato, e permetteva ai difensori di colpire più agevolmente le truppe attaccanti che si avvicinavano alle mura. Seguendo gli studi dell'italiano Montecuccoli e del francese Vauban, si giunse ad un uso estremamente sofisticato del tiro incrociato per proteggere gli approcci alla fortificazione stessa. Una dimostrazione dell'efficienza dei cannoni contro fortificazioni ancora di concezione medioevale fu evidente nel caso dell'Assedio di Costantinopoli del 1453. I cannoni dei Turchi furono costruiti dal maestro Urban, un costruttore di campane che però non vide il risultato dei suoi sforzi, in quanto morì insieme a 50 artiglieri, nello scoppio di uno dei suoi cannoni più grandi costruiti durante tale azione.
 
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_Evans_
view post Posted on 21/8/2010, 08:59




Il moschetto, evolutosi dall'archibugio, è un'arma da fuoco che dominò i campi di battaglia fino alla seconda metà dell'Ottocento. Sia l'archibugio sia il moschetto inizialmente adottarono un medesimo meccanismo di sparo, con la differenza che, mentre l'archibugio veniva mantenuto in posizione appoggiandolo al petto durante l'azione di fuoco, il moschetto vide l'introduzione del calcio, il quale permetteva di appoggiare l'arma alla spalla e di ottenere più precisione. Per quanto riguarda il sistema di fuoco in principio si utilizzò il meccanismo a miccia, seguito da quello a ruota e infine -decisamente più moderno - quello a pietra focaia.

Meccanismo a miccia: sul lato destro del fucile si trovava la piastra di sparo dove alloggiava il meccanismo: esso era formato da uno scodellino (una sorta di piccolo imbuto metallico comunicante con la culatta della canna), e una serpentina (una sorta di uncino metallico che sosteneva la miccia a lenta combustione) chiamata così per via della forma a serpente (non di rado la serpentina era decorata per ricordare la testa di un serpente o di un drago).

Ecco come avveniva lo sparo: il moschettiere poneva della polvere fina nello scodellino e lo richiudeva dopodiché infilava la polvere grossa e la palla di piombo nella canna (anteriormente) pigiando tutto sul fondo con un calcatoio (un'asta di legno, versione rimpicciolita di quella da cannone); al momento dello sparo, dopo l'apertura della protezione dello scodellino, tirando il grilletto, senza alcuno scatto, la serpentina si muoveva verso lo scodellino mettendo a contatto la miccia accesa con la polvere fina: questa si incendiava e trasmetteva il fuoco alla polvere grossa nella culatta;a sua volta questa polvere esplodendo proiettava la palla lungo la canna e fuori da fucile. Va detto che questi moschetti erano molto imprecisi e raramente colpivano il bersaglio a distanze superiori ai 50 metri; comunque il forte rumore e il fumo avevano un effetto demoralizzante sui soldati avversari. Queste truppe venivano solitamente utilizzate secondo la formazione chiamata tercio (tercios al plurale) di origine spagnola: i moschettieri erano posti a quadrato con al centro un'unità di picchieri: questo permetteva di portarsi a una distanza di tiro utile, poiché nel caso in cui i moschettieri fossero caricati dalla cavalleria essi si rifugiavano dietro alla formazione di picchieri, che erano in grado di respingere i cavalieri sia in virtù della lunga asta in loro possesso, sia grazie allo specifico addestramento.

Meccanismo a ruota: simile ad un moderno accendino, il meccanismo a ruota era formato da una grossa molla che, caricata con un'apposita chiave, al momento dello sparo metteva in movimento una ruota dentellata che sfregando contro un pezzo di pirite generava scintille accendendo la polvere grossa nella culatta dell'arma. Questo meccanismo venne usato sulle prime pistole e solo successivamente adottato dai moschetti; era comunque delicato e molto costoso e quindi inadatto per impieghi militari: fu utilizzato sulle carabine dai reparti a cavallo, che, proprio per le loro caratteristiche operative, trovavano poco pratica la miccia come comando di tiro.

Meccanismo a pietra focaia:
questo congegno fu adottato verso la fine del XVII secolo, e dismesso nel 1830 circa, in quanto reso ormai obsoleto dal più moderno fucile a percussione. Sul lato destro dell'arma si trovava la piastra di scatto alla quale erano fissati il cane, tra le cui morse era trattenuta la pietra focaia, e lo scodellino, contenente la polvere fina.

Ecco come avveniva lo sparo: il moschettiere estraeva dalla cartucciera la cartuccia di carta, contenente una dose di polvere e la palla di piombo calibro .70, ne strappava la sommità con i denti e infilava tutto nella canna dell'arma; dopodiché sfilava il calcatoio dall'alloggiamento sotto la canna e lo pigiava a fondo nella canna; metteva la polvere fina, solitamente contenuta in una fiaschetta rigida, nello scodellino, ne chiudeva la martellina (o chiusino, fungeva anche da coperchio dello scodellino) e armava il cane: tirando il grilletto il cane sfregava contro la martellina generando scintille: queste infiammavano la polvere fina dello scodellino che diffondeva il fuoco nella culatta causando l'esplosione della polvere grossa. I moschettieri più addestrati potevano sparare 3 o 4 colpi al minuto; solitamente si sparavano 2 colpi per poi procedere all'attacco con la baionetta: l'introduzione della baionetta su questi fucili rese inutile la picca poiché anche il moschettiere poteva combattere corpo a corpo (utilizzando l'arma da fuoco anche come asta o picca).

Moschetto a percussione: non è totalmente corretto parlare di moschetto a percussione, poiché l'introduzione della capsula a percussione è contemporanea a quella dell'adozione delle pallottole miniè, di forma più ogivale, e della canna rigata che classificano l'arma come un moderno fucile ad avancarica. Intorno al 1849 si scoprì che alcuni composti chimici, come il fulminato di mercurio, esplodono se colpiti violentemente: la differenza nella meccanica di sparo consiste nell'utilizzo di pastiglie al fulminato di mercurio che vanno a sostituire la pietra focaia e la polvere fina, con un netto risparmio nel tempo di caricamento.

 
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