Elezioni regionali 2010

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view post Posted on 30/3/2010, 15:13
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Ad calendas graecas

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RISULTATI DEFINITIVI E COMMENTI




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In grassetto i vincitori

LOMBARDIA
Candidati: Filippo Penati 33,2% (Pd, Idv, Verdi, Psi)
Roberto Formigoni 56,2% (Pdl, Lega Nord, La Destra)
Savino Pezzotta 4,8% (Udc)
Vittorio Agnoletto 2,11% (Rifondazione Com.,Sin. europea, com. italiani)
Vito Crimi 3,0%(Movimento Beppegrillo.it)
Gianmario Invernizzi 0,6% (Forza Nuova)




LAZIO
Candidati: Emma Bonino 49,5% (Lista Pannella-Bonino, Psi, Idv, Rif. Com -Sin. europea- Com. Italiani, Pd, Verdi, Sin. eologica, Lista civica per la Bonino)
Renata Polverini 49,9%(Pdl, la Destra, All. di Centro, Rete liberal Sgarbi, Renata Polverini Pres., pop.vita-v cons.)
Marzia Marzoli 0, 2% (Rete dei cittadini)




PIEMONTE
Candidati: Mercedes Bresso 46,2% (Idv, Moderati, Pd, Udc, Verdi, Pensionati, Lista Pannella-Bonino, Socialisti uniti, Rif.com-Sin.europea-Com.italiani, Insieme per bresso, sin. ecologica)
Roberto Cota 48,2%(Lega Nord, Pdl, La Destra, Nuovo Psi, pensionati, verdi, al. di centro-dc, consum. al centro con Scaderebech)
Davide Bono 3, 6%(Movimento Beppegrillo.it)
Renzo Rabellino (Forza Nuova, Udeur, lista dei grilli parlanti- no euro, forza toro, no nucleare-no tav, giovani under 30, Lega padana)




VENETO
Candidati: Luca Zaia 60,1% (Lega Nord, Pdl, Alleanza di centro-Dc)
Giuseppe Bortolussi 29,1% (Idv, Pd, sinistra ecologica, rif.com-sin-europea, com italiani)
Silvano Polo 0,5% (Veneti independensa)
David Borrelli 3,2% (Movimento Beppegrillo.it)
Antonio De Poli 6,4% (Unione Nord Est, Udc)
Paolo Caratossidis 0,4% (Forza Nuova)
Gianluca Panto 0,3% (Partito Nasional Veneto)




PUGLIA

Candidati: Rocco Palese 41,8% (Udeur, Pdl, alleanza di centro, pensionati, La puglia prima di tutto,)
Nichi Vendola 49,6% (Pd, Idv, Sinistra ecologica, verdi, la puglia per vendola, lista bonino-pannella)
Adriana Poli Bortone 8,2% (Casini Libertas- Udc - Io Sud-Mpa)
Michele Rizzi (Alternativa Comunista)





EMILIA ROMAGNA

Candidati: Anna Maria Bernini 36,8% (pdl, lega nord, la destra-autonomia per l'emilia-romagna)
Vasco Errani 52% (Pd, Idv, rif.com-sin.europea--com-ita, sinistra ecologica,part.pens)
Gianluca Galletti 4% (Udc)
Giovanni Favia 6,9% (Movimento Beppegrillo.it)




BASILICATA

Candidati: Vito De Filippo 62,7% (Pd, Udc, PSI, IDV, Verdi, Rif.com-sin. europea-com.ita, alleanza per l'italia)
Nicola Pagliuca 27,9%(Pdl, Mpa, Udeur-pli-altri, Mov. imprenditori autonomi-aut.lucania)
Magdi Cristiano Allam (Io amo la Lucania, Io sud)
Marco Toscano (Movimento politico contro l'indifferenza)
Florenzo Doino (Partito comunista dei lavoratori)



CALABRIA
Candidati: Filippo Callipo 9,6% (Idv, Io resto in Calabria, Lista Pannella- Bonino)
Giuseppe Scopelliti 58,9% (Pdl, Udc, Berlusconi per Scopelliti, Liberetà e autonomia-NOi Sud, Socialisti uniti, Scopelliti Presidente)
Agazio Loiero 31,1% (Alleanza per laCalabria, Autonomia e diritti - Loiero Pres., Pd,Ps, Sinistra con Vendola, rif.e-com.ita, slega la Calabria)




LIGURIA
Candidati: Claudio Burlando 52,1%(Udc, Pd, Idv, Sin. ecologica, Verdi, Noi con Burlando, Rif.com-sin- europea-com-ita)
Sandro Maria Biasotti 47,8% (Lega Nord, Pdl, Liste civiche per Biasotti, Gente d'Italia, La Destra, Pensionati, Nuovo Psi)




MARCHE
Candidati: Erminio Marinelli 39,7% (Pdl, Lega Nord, La Destra, Insieme per il Presidente)
Gian Mario Spacca 53,2%(Pd, Udc, idv, Verdi, Alleanza per l'Italia, Alleanza Riformista)
Massimo Rossi 7,4% (Rif. Com. italiani, Sinistra ecologica libertà)




TOSCANA

Candidati: Enrico Rossi 59, 7% (Fed. della Sinistra - Verdi, Italia dei Valori, PD - Riformisti Toscani, Sinistra Eco. e Libertà)
Monica Faenzi 34,4% (Pdl, Lega Nord)
Francesco Bosi 4,6% (Udc)
Alfonso De Virgilis (Lista Pannella-Bonino)
Ilario Palmisani (Forza Nuova)




UMBRIA
Candidati: Catiuscia Marini 57,2%(Pd, Idv, Rif com-sin.. ecologica-com.ita, Sin. ecologica, socialisti riformisti)
Fiammetta Modena 37,7% (Pdl, Lega Nord)
Paola Binetti (Udc)




CAMPANIA
Candidati: Stefano Caldoro 53,8% (Pdl, Udc, La Destra, Libertà e auton. Noi Sud, Mpa-Nuovo Psi, All. centro-Dc- Udeur- All. di popolo)
Vincenzo De Luca 43,4% (Pd, Idv, Verdu, Alleanza per l'Italia, Sin.ecol.lib-Psi)
Paolo Ferrero (Rif. com- Sin.europea-com.ita)
Roberto Fico (Movimento Beppegrillo.it)


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OPINIONI A CONFRONTO:

Non è facile analizzare bene queste elezioni regionali. Il 7 a 6 per il centrosinistra era stato da me previsto, ma mi ero sbagliato sul Piemonte e sulla Puglia. Detto questo ho l'impressione che non ci sia un vero sconfitto, ma che invece ci sia un chiarissimo trionfatore. Chi ha trionfato è la Lega Nord che ha aumentato vertiginosamente i suoi voti al Nord, staccando il PDL in Veneto di dieci punti e portandosi alle calcagna del partito di Berlusconi sia in Piemonte, dove il trionfo di Cota è clamoroso e devastante per il centrosinistra, che in Lombardia. Il partito di Bossi è per altro andato molto bene anche nelle Regioni del centro Italia per quanto queste siano rimaste terra di conquista del centrosinistra.

PDL e PD, invece, hanno entrambi avuto risultati sotto le attese a livello di percentuali nazionali, per quanto esponenti del PDL parlino in queste ore di trionfo del Governo e quelli del PD di vento cambiato. IDV e UDC si sono più o meno confermate, così come le sinistre che, fatta eccezione per lo strepitoso exploit di Vendola in Puglia, si sono attestate sulle ormai solite percentuali irrisorie anche nelle Regioni rosse. Insomma, nessuno di questi partiti a mio avviso ha vinto, ma nessuno ha avuto un tracollo e quindi non vedo uno sconfitto in particolare.
Riscontro un andamento simile anche per la vittoria nelle singole Regioni: il centrodestra è sì passato da due a sei Regioni, conquistando Calabria e Campania al Sud, ma il PDL ha visto crescere in maniera davvero preoccupante per gli equilibri nazionali la Lega, che ora controlla due importanti regioni. Il centrosinistra dal canto suo ha sì vinto nella maggioranza delle Regioni, con un margine nettamente più alto del previsto in Basilicata e Umbria, ma ha perso i due testa a testa chiave nel Lazio e in Piemonte e quindi non può certo definirsi soddisfatto. A proposito del Piemonte: la sconfitta della Bresso trova radici anche nel 4% di voti raccolti dal candidato del Movimento cinque stelle di Beppe Grillo che, a differenza di quanto pensassi, è andato molto bene, soprattutto in Emilia-Romagna. Inoltre la vittoria di Vendola non è certo ascrivibile alla linea politica del PD, quanto più all'appeal locale del leader di SEL. Infine il PD ha avuto come sempre, molti più voti nelle grandi città che in provincia e ciò denota la perdurante grave mancanza di radicamento sul territorio dei Democratici.
Concludendo direi una tornata elettorale interlocutoria per gli equilibri tra i due principali schieramenti, ma che avrà grossi effetti nel centrodestra in quanto aumenterà il peso della Lega in seno all'esecutivo.

Da segnalare per chiudere il vistoso calo dell'affluenza, distribuito nell'elettorato di entrambi i principali schieramenti: otto punti in meno rispetto al 2005 (dal 72% al 64%). Questo forte calo deve far riflettere tutta la nostra classe politica circa l'apatia e in molti casi il disgusto che gli italiani provano per la politica nel suo insieme. Anche perché molti questa volta hanno votato senza entusiasmo: se le cose non miglioreranno la prossima volta non lo faranno e la tendenza al calo degli elettori continuerà.

Berlusconi batte il non voto



E così, nonostante l’astensione che avrebbe dovuto penalizzarlo, le inchieste che lo riguardano, l’esclusione della sua lista nella provincia di Roma ed una certa stanchezza nell’azione del governo, Silvio Berlusconi - un po’ a sorpresa rispetto alle ultimissime previsioni - ha largamente vinto anche questa tornata elettorale. Governava in due sole Regioni (rispetto alle 11 del centrosinistra) e da oggi ne amministra sei.

Conferma, come da pronostico, Lombardia e Veneto; guadagna, come scontato da settimane, Campania e Calabria; ma soprattutto conquista il Lazio - nonostante l’assenza di liste Pdl nella capitale - ed espugna il Piemonte, che da oggi diventa una Regione a trazione leghista.

Il Pd perde ma non frana, confermandosi partito-guida in sette Regioni. All’opposto, il Pdl mette nel carniere quattro nuovi governi regionali, ma ottiene un deludente risultato come partito, arretrando non solo rispetto alle europee di un anno fa ma anche alle elezioni regionali del 2005. E se i risultati dei due maggiori partiti in campo sono in qualche modo in chiaroscuro - e si prestano a esser dunque letti in maniera diversa (in ossequio alla nota filosofia del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto) - su un dato non sono possibili divagazioni: e il dato è l’avanzata - l’ennesima - della Lega di Umberto Bossi.

Il fatto che il «partito padano» non abbia sorpassato in queste elezioni il Popolo della libertà, è circostanza francamente marginale. Quel che infatti conta sul serio sono le percentuali bulgare raggiunte in Veneto, l’ulteriore crescita in Lombardia, l’insediamento con consenso crescente in Emilia (il Carroccio è il primo partito perfino nel Comune natale di Bersani...) e soprattutto il fatto che, con un proprio candidato, abbia portato il centrodestra alla conquista del Piemonte. Il partito di Bossi governa ora due tra le più importanti e popolose Regioni del Nord, è già ben insediato alla guida di centinaia di amministrazioni e ora si accinge a chiedere il governo di Milano, e forse non solo di Milano. La lunga marcia dei lumbard dunque prosegue: e in assenza di risposte chiare e forti da parte della politica «romana», non si vede cosa possa fermarla.

E non è solo il radicalismo leghista a uscir premiato dalle urne. Se si guarda infatti a quel che accade nell’altra metà del campo, è possibile osservare un fenomeno analogo. Il «partito giustizialista» di Antonio Di Pietro, infatti, non esce ridimensionato dal voto e, anzi, importa a livello regionale le alte percentuali raggiunte un anno fa alle elezioni europee; le liste «fai da te» messe in campo da Beppe Grillo vanno quasi ovunque oltre il 3%, con punte di oltre il 6% in Emilia; e non può esser senza significato il risultato importante (e senz’altro inatteso) ottenuto da un candidato «radicale» come Nichi Vendola in Puglia e il successo sfiorato da Emma Bonino nel Lazio. Del resto, non si capisce come possa destare sorpresa il fatto che, dopo un anno di pesante crisi economica e con i partiti tradizionali impegnati in furibonde risse su tutt’altro (dalle escort ai processi brevi e alle intercettazioni), oltre la metà degli italiani abbia deciso di non votare o di sostenere forze estreme o radicali.

E al di là di chi ha vinto di più o di chi ha perso di meno, è questa la scoraggiante fotografia che il voto di ieri consegna alle classi dirigenti del Paese: il livello di sopportazione, il livello di guardia, non è lontano. E se l’altissima percentuale di astensioni ne è una spia, sarebbe errato non considerarne un effetto anche quel 20% di consensi distribuiti tra partiti estremi (come la Lega) e movimenti radicali quasi personali (Di Pietro e Grillo). Chi ha memoria, infatti, non può non ricordare come la Prima Repubblica - al di là delle successive inchieste giudiziarie - cominciò a scricchiolare proprio sotto l’incalzare del fenomeno leghista...

E’ giusto, dunque, interrogarsi sul tipo di risposta che sapranno dare a questo evidente disagio i due partiti maggiori, e le dinamiche che il risultato elettorale potrebbe avviare tanto nella coalizione di governo quanto nel fronte dell’opposizione. Ipotizzare una crescita dell’ipoteca leghista sull’esecutivo è fin troppo ovvio: ciò che è ancora difficile da immaginare, invece, è il tipo di risposta che arriverà da Silvio Berlusconi. Così come nient’affatto scontate sono le mosse che deciderà di compiere Gianfranco Fini, sempre più insofferente verso l’ «egemonia» leghista sul governo e segnalato - un giorno sì e l’altro pure - come ormai in uscita dal Pdl. Dopo questo voto, insomma, molto potrebbe cambiare: e onestamente, alla luce di quanto visto negli ultimi mesi, sarebbe davvero opportuno che molto cambiasse..


Tre anni senza alibi



La diarchia fra Silvio Berlusconi e Umberto Bossi esce consacrata dalle urne regionali. Il timore dell’astensionismo si è rivelato almeno in parte fondato. Il 7 per cento in meno di elettori rispetto al 2005 rappresenta un avvertimento da non sottovalutare. Ma l’«imparzialità » con la quale il fenomeno ha colpito maggioranza e opposizione dice che si tratta di una disillusione verso entrambi gli schieramenti.

Da questo punto di vista, per il governo i risultati sono un successo; e per la Lega addirittura un trionfo. Per il premier il pericolo scampato non nasce soltanto dal fatto che il centrodestra è passato a guidare sei regioni su tredici, da due che ne aveva: si tratta di realtà che «pesano» in termini di popolazione. La vittoria in Campania, e soprattutto in Lazio e Piemonte dove l’incertezza era totale, ribalta gli equilibri. A rendere più netto il responso sono una consultazione insidiosa per la maggioranza; l’esclusione della lista del Pdl a Roma; e la crisi economica del Paese, simile al resto dell’Ue.

Il governo riemerge dunque indenne da una fase confusa anche per sua responsabilità. Forse è esagerato parlare del «mandato pieno» chiesto da Berlusconi; ma certamente la maggioranza ha avuto una nuova legittimazione, e non la sconfessione che gli avversari speravano di veder spuntare fra scandali e inchieste giudiziarie. Il trionfo del Carroccio e la sua penetrazione nelle regioni «rosse» è compensato da quello del Pdl a sud. Per la coalizione, insomma, non si scorgono problemi immediati. L’asse fra Bossi e Berlusconi stabilizza l’alleanza; e semmai limita gli spazi di manovra degli oppositori interni: a cominciare da Gianfranco Fini.

Il sorpasso netto dei lumbard nel Veneto anticipa una trattativa nel governo. E i commenti di Bossi sono scevri da trionfalismi verso gli alleati, puntando solo sul cannibalismo leghista ai danni della sinistra. L’approccio conferma la linea astuta del Carroccio, ma non reprime il malumore del Pdl. Inoltre, i tre anni che il governo ha davanti non offrono più alibi da accampare per l’incapacità di fare le riforme o per le decisioni non prese: il centrodestra deve governare davvero. Eppure, per paradosso è l’opposizione a gestire una fase difficile, nonostante la prevalenza numerica.

Le regioni appenniniche somigliano a una ridotta delle giunte rosse assediate a nord dal leghismo e al sud dal berlusconismo. Il Pd non ha ancora trovato un equilibrio fra Udc e Idv. E sembra costretto a guardare a una sinistra estrema che clona spezzoni radicali, come le liste del comico Grillo. È l’opposizione che Berlusconi sogna e che contribuisce a plasmare, con la collaborazione involontaria degli avversari e delle loro pulsioni di retroguardia.


UN ALTRO SEGNALE,IL PAESE CHIEDE GOVERNABILITÀ



ADESSO il test c’è stato, ma, come spesso succede in questo paese, non è stato affatto quel “colpo di bacchetta magica” capace di far svanire tutti i fantasmi evocati nella lunga, rissosa e poco esaltante diatriba della campagna elettorale. Infatti gli elettori non hanno voluto rispondere alla sfida di fare un referendum fra gli angeli e i demoni come, a parti invertite, pretendevano i fans delle due grandi coalizioni che si dividono il paese. È questo il risultato più evidente che emerge dalle urne: sia per il peso di un esteso astensionismo, sia per la conferma che una quota non proprio marginale dell’elettorato rifugge dall’idea che in campo ci siano solo due alternative.
In realtà la gente chiede “governabilità”, esige riforme, vuole che chi ha la responsabilità di guidare il Paese lo faccia davvero. E, se vogliamo, premia o punisce giudicando quel che si è fatto e quel che ci si aspetta si potrebbe fare per affrontare i problemi in campo. Basta guardare con un po’ di distacco alla distribuzione dei consensi regione per regione, ai margini di distacco o ai testa a testa che si sono verificati per cogliere questa realtà elementare.
Lo spettacolo della campagna elettorale nel Lazio, scaturito da una guerra di ricorsi, vere e proprie battaglie di carta bollata, coda infinita di polemiche e cancellazione finale della lista Polverini a Roma è, da questo punto di vista, emblematico. Quando si è costretti a constatare che c’è poco meno di un 40% di elettori che si rivelano impermeabili a tutte le drammatizzazioni che si è cercato di favorire, qualcosa vorrà pur dire. Temiamo che la risposta sia fin troppo semplice: quella gente non crede più che la politica possa risolvere i suoi problemi, non crede alle “alternative” che ogni parte propone e rimane chiusa nel suo isolamento. Si può dire che ciò dipende dalla relativa distanza che l’ente regione ha rispetto alla gente (e difatti la partecipazione nelle elezioni comunali dove queste si svolgevano è 15 punti più alta), ma anche questo dovrebbe far riflettere dopo anni in cui parliamo in continuazione di “federalismo”.
È evidente che il computo finale delle Regioni attribuite ai due schieramenti non potrà essere sottovalutato per capire fino in fondo qual è il giudizio di questo Paese su chi ci governa.
Il 60% abbondante che invece conserva fiducia nella politica si distribuisce su un arco molto ampio di forze politiche e si mostra “bipolare” molto per modo di dire. Non fosse altro perché ci vuole un po’ di buona volontà per considerare che Lega e PDL nonché PD e IDV siano espressioni di un modo diverso per volere la stessa cosa: ma al di là di questo resistono l’UDC, resiste l’estrema sinistra e si affacciano persino nuove forze come i “grillini” che per esempio in Emilia conseguono un risultato di tutto rispetto.
Vedendo con distacco questo panorama verrebbe da dire che il paese è più “equilibrato” di quel che forse non credano i gruppi dirigenti dei vari partiti. Lo è almeno nel senso che non si vedono segnali di “crolli” clamorosi né a destra né a sinistra, ma si consolidano, magari con qualche scricchiolio, le tradizionali reti di riferimento. Non che vogliamo negare i movimenti, anche significativi che si sono avuti: la crescita della Lega, la buona tenuta del PDL nonostante un momento non proprio felice di quel partito, la capacità di resistenza del PD nei suoi bastioni tradizionali a dispetto della concorrenza, non sempre proprio limpida del movimentismo radicaloide che gli si muove intorno.
Però nulla ci mette davanti un paese che sia pronto per le mitiche “spallate” che sognano i pasdaran di tutti gli schieramenti. Rimaniamo una nazione in cui il consenso si distribuisce lungo molte linee ed è illusorio immaginare che si possa governare con grandi colpi di mano. Ricordiamo da questo punto di vista che da un lato l’evoluzione ormai inevitabile verso forme più strutturate di federalismo e dall’altro il potere già comunque esistente a livello di un organo come la conferenza stato-regioni disegnano già una forma di riequilibrio del peso della maggioranza che era uscita dalle urne delle ultime politiche.
Dunque, soprattutto di fronte ad un paese estremamente bisognoso di riforme, sarebbe meglio che tutti capissero che il lavoro da fare è quello di ricucire un clima di confronto misurato: per recuperare la fiducia nella politica da parte di quel 40% di cittadini che si è tenuto lontano dalle urne, per dare al paese quel governo effettivo delle necessità ormai impellenti che da troppo tempo ci manca per l’illusione diffusa che la gente voglia vedere piuttosto fuochi di artificio invece di solidi passi avanti sulla via delle riforme.
Sappiamo benissimo che analisi di questo tipo fanno storcere la bocca a più d’uno, perché ci si può sempre raccontare che l’astensionismo sarebbe stato molto più esteso se non si fossero alzati i toni della mobilitazione, che la sinistra e la destra sono premiate dalla scelta per il radicalismo e non da quella per il buon governo, e via almanaccando. Dubitiamo però molto che queste belle favole possano servire a qualcosa di più che a “far sognare” quelli che proprio non vogliono misurarsi con una realtà difficile, ma importante: la gente chiede “governo” e governo equilibrato delle nostre esigenze di riforma (sanità, istruzione, infrastrutture, ecc.). Al centro e nelle regioni la domanda è la stessa e il fatto che tutto sommato il paese rimane distribuito fra diverse forze importanti senza che nessuna possa prevalere totalmente è una lezione da cogliere.

CHE GODURIA



Un successo per il centrodestra, inequivocabile. Gli elettori, alle urne, hanno voluto rispondere così a mesi di duri attacchi al Presidente del Consiglio, ai suoi collaboratori, al lavoro della Protezione civile e a quello del governo stesso. Perché a questo giro la maggioranza ha portato a casa ben 6 Regioni. Lombardia al Pdl. Veneto pure. Campania, Calabria e Piemonte anche. Ma il vero miracolo è il Lazio: Renata Polverini si prende la Regione per un soffio, lasciando radicali, Bonino e sinistra tutta con un palmo di naso. Hanno provato a fermarli con la storia delle liste, togliendo e mettendo timbri, con la burocrazia delle urne. Ma niente. Il Pdl e la sua candidata ce l'hanno fatta lo stesso. Perfino Di Pietro lo ha ammesso: poche storie, il centrodestra ha vinto. E se è vero che queste regionali dovevano essere la prova del nove per la tenuta del premier, non c'è più il minimo dubbio: Silvio regge alla grande.

Lazio- Dopo un testa a testa pazzesco, per pochissimi voti di scarto, vince Renata Polverini. "Tutto testimonia che il miracolo era possibile", ha detto in piazza del Popolo la candidata del Pdl nel Lazio

Il Nord è tutto del centrodestra-Lega- Cota (Lega) ha strappato il Piemonte alla Bresso. Formigoni si è tenuto la Lombardia. E Zaia ha conquistato il Veneto. Non c'è più un pezzo di Nord nelle mani della sinistra.

Calabria superstar-Ottima la performance di Scopelliti in Calabria. Il candidato del centrodestra toglie la Regione ad Agazio Loiero quasi doppiandolo. Un plebiscito.

Il quadro- Delle tredici regioni chiamate al voto, il centrodestra governava solo Veneto e Lombardia. Da domani ne governerà sei, avendo conquistato largamente la Calabria con Giuseppe Scopelliti e la Campania con Stefano Caldoro (53%) e di stretta misura il Piemonte, con Roberto Cota (Lega) al 47,9% e il Lazio con Renata Polverini (49,9% contro il 49,5% di Emma Bonino. Il centrosinistra, che governava 11 regioni, avrà ancora sette governatori contro sei, ma numericamente gli elettori delle regioni passate al centrodestra sono molto più numerosi. "Un anno fa però sembrava che saremmo stati confinati in due regioni", dice Rosy Bindi (Pd).

E' il leader Idv a rompere gli indugi a tarda sera: "Questa tornata - precisa Antonio Di Pietro - se l’aggiudica il centrodestra". Nessuno comunque ha fatto 'cappottò. Il centrosinistra, oltre alla piccola ma fedele Basilicata e alle quattro regioni rosse della 'repubblica degli Appenninì, Toscana, Emilia Romagna, Umbria, Marche, tiene Puglia e Liguria, considerate incerte fino a ieri: risultato impensabile nove mesi fa, dopo il G8 in Abruzzo. Pier Luigi Bersani, leader del Pd, non parla ma fa filtrare un commento ottimistico: "C'è un’inversione di tendenza". Il Pdl resta il primo partito nazionale con il 26,6%, nonostante l’assenza della sua lista dal ricco bacino elettorale della provincia di Roma e nonostante la forte crescita della Lega, coronata dal sorpasso in Veneto: Carroccio oltre il 36% nelle proiezioni, contro il 24 del partito di Silvio Berlusconi.




Berlusconi esulta, Pd: "Non è una sconfitta"



Questo risultato elettorale è il miglior riconoscimento per l’attività svolta dal governo, per le prospettive di stabilità del sistema politico e per la possibilità di realizzare, in questa seconda parte della legislatura, le riforme necessarie per l’ammodernamento e lo sviluppo del nostro Paese". Soddisfatto del risultato ottenuto alle elezioni il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, fa sapere che "l'amore ha saputo vincere sull'odio" nonostante "una terribile campagna fatta di calunnie". Ma il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, non ammette la disfatta: "Non intendo cantare vittoria per l’esito delle elezioni ma neanche accettare una descrizione dei fatti di sconfitta del centrosinistra". Poi rilancia sulle riforme: "Il governo indichi la strada".

L'alleanza con il Carroccio Per il presidente del Consiglio, "l’alleanza del Pdl con la Lega si conferma una robusta forza di cambiamento nelle Regioni più importanti, garanzia del rinnovamento e della modernizzazione del Paese". Berlusconi ha, infine, ringraziato "di cuore tutti gli elettori che ci hanno sostenuto con la loro fiducia e con il loro voto nonostante la terribile campagna di calunnie e di diffamazioni che ci è stata scagliata contro negli ultimi due mesi". "Ancora una volta l’amore ha vinto sull’invidia e sull’odio - ha commentato il Cavaliere - grazie a tutti". Secondo Berlusconi, "gli elettori moderati si sono riconfermati maggioranza anche nel Lazio nonostante sia stata impedita la presentazione del simbolo del Popolo della Libertà".

La telefonata di Fini Telefonata tra il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e quello della Camera Gianfranco Fini. Secondo quanto viene riferito, la terza carica dello Stato avrebbe chiamato questa mattina il premier per complimentarsi del risultato delle Regionali. I due co-fondatori del Pdl dovrebbero a questo punto tornare a incontrarsi faccia a faccia dopo Pasqua.

Bersani: "Non ho perso" "Non intendo cantare vittoria per l’esito delle elezioni ma neanche accettare una descrizione dei fatti di sconfitta del centrosinistra". All'indomani del risultato alle elezioni regionali il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, ha spiegato che "se si guardano i dati relativi alle coalizioni, risulta che dalle europee ad oggi abbiamo dimezzato le distanze dal centrodestra". "In queste elezioni pur complicate c’è un segno di una inversione di tendenza. Il Pd in un contesto di frantumazione di liste ha guadagnato un punto rispetto alle Europee, solo la Lega è l’altro partito avanzato dello 0,9% - ha continuato Bersani l’astensionismo che ha colpito nella stessa misura del centrodestra. C’è una difficoltà anche nostra ma questo non esclude la tenuta del Pd".

Il dialogo sulle riforme Dopo la vittoria alle elezioni che hanno ridisegnato la "cartina" del Paese Berlusconi rilancia il governo e le riforme necessarie a far rinascere il Paese. Ma Bersani non ci sta: "Chi governa ora ha la responsabilità di dire che strada vuole prendere. Ogni tavolo che affronta problemi vicini ai cittadini ci vedrà al tavolo. Altrimenti faremo una ferma opposizione". "Se si vuole intraprendere - continua Bersani - un cammino di svolta per indicare soluzioni vere agli italiani noi ci siamo. Se invece si vuole parlare di problemi lontani dai cittadini, noi denunceremo questo tipo di impostazione".


Il referendum del Cavaliere



In Piemonte, ancor più che nel Lazio, hanno deciso poche centinaia di voti. Ma alla fine la doppia vittoria ha regalato a Berlusconi un risultato che politicamente vale più di quanto non dicano i numeri. Aveva già raddoppiato, con due realtà del Sud come Campania e Calabria, il magro bottino dell’anno horribilis 2005. Ora può dire di essere uscito a testa alta da una campagna elettorale che, ad un certo punto, sembrava volgere al peggio per la solidità stessa della sua leadership. Berlusconi ha comunque pagato prezzi alti. Il boom della Lega è stato forse il dato più imponente delle regionali. Il sorpasso in Veneto sul Pdl supera i dieci punti. Anche in Lombardia il Carroccio è ormai alla ruota con cifre record. E in Piemonte è indubbio che il traino si chiama Cota. Ora la trazione nordista si annuncia più forte anche nel governo, mentre nelle Regioni del Nord più robusta si farà l’egemonia leghista. È presumibile che peserà anche sul piano istituzionale: quelle Regioni infatti potrebbero decidere insieme di assumere ulteriori poteri (come prevede il nuovo titolo V), accentuando così l’Italia a due velocità. È vero che l’asse con Bossi è stato fin qui per Berlusconi una garanzia di stabilità: ma dalle regionali esce anche un Pdl più debole, con una flessione nazionale di oltre cinque punti rispetto alle Europee e con un sorpasso del Pd, ieri primo partito. Le sette Regioni conquistate dal centrosinistra, comunque, possono rappresentare per Bersani al massimo una linea di difesa. Più realisticamente sono un transito oltre lo stato di necessità di questi mesi. Il risultato però evidenzia i tanti problemi irrisolti della sinistra. A partire dal presidio del Nord, arretrato fino in Liguria. Anche in Emilia sono emersi punti di crisi (come dimostra il differenziale con Toscana e Umbria).Mentre l’alleanza Pd-Udc è scivolata in Piemonte e, dal fronte radicale del centrosinistra, emergono spinte di segno contrario. Non sarà facile per Bersani comporre il quadro e indicare la rotta dell’alternativa di governo. Del resto, il dato più stridente è proprio l’esordio dei grillini in politica, che è servito materialmente a portare la Lega alla vittoria in Piemonte.

Edited by bobodonato - 30/3/2010, 20:55
 
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view post Posted on 30/3/2010, 18:52
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In dubiis abstine

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Da noi ha vinto Burlando. Ma tra il marcio e la muffa....
 
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Fede#91
view post Posted on 30/3/2010, 18:56




A quanto pare ha vinto anche per un soffio.
Beh, da noi ovviamente ha vinto la sinistra
 
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Il Littore
view post Posted on 30/3/2010, 19:04




Quinquilatero bolscevico.
 
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*CriSS*
view post Posted on 30/3/2010, 20:37




Sono andate come previsto...abbastanza bene
 
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Doubleflash
view post Posted on 30/3/2010, 20:53




Da noi, tanto per cambiare, ha vinto il formica =_='!
FORZA STUDENTI DITE TUTTI INSIEME: BUONGIORNO BUONO SCUOLA!!!
perchè noi, preferiamo le private
 
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Vidkun Quisling
view post Posted on 30/3/2010, 21:12




Mah....da una parte dei partiti sinistronzi di formichine che tentano la rivalsa....da un'altra un imperatore mediatico sebbene carismatico che ha sempre fatto i propri interessi e non smetterà proprio ora.
Credo che se dovessi votare metterei ----> Evans [X]
 
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_Evans_
view post Posted on 30/3/2010, 21:13




Grazie ammmmmmmoVe.
 
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emoned
view post Posted on 30/3/2010, 21:37




Vittoria del CentroDestra, con Berlusconi che si dimostra ancora una volta una persona che nella difficoltà dà il meglio di sè;
sconfitta del malgoverno delle sinistre e dell'odio.
 
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Flannery
view post Posted on 30/3/2010, 21:47





E' finita la campagna elettorale Emoned, non è necessario continuare con questa manfrina dell'odio e del fare.

Agite, fate, governate. Seriamente su fatti concreti e non su cazzate.

Direi che più che Berlusconi ha vinto l'astensionismo, totalmente trasversale. Stiamo diventando un paese europeo, peccato che non lo sia a livello di civiltà e democrazia.

E per quanto riguarda il Centro Sinistra - nel mio caso il Partito Democratico - a partire da oggi ci rimbocchiamo le maniche e torniamo sul territorio, senza aspettare che siano i "prelati" del partito a farlo. Scendendo tra la gente i risultati si ottengono (dove abito - in Brianza - abbiamo ottenuto un onestissimo 22 % in questo modo)
 
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emoned
view post Posted on 30/3/2010, 22:17




Ah beh Flannery, tieniti il tuo 22% e stai contento, se per te questa è una vittoria, beh ce ne fossero sempre di vostre vittore così!
 
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Hawthorne Abendsen
view post Posted on 30/3/2010, 22:27




22% in Brianza? Tenendo conto che è una sfida a due tra Lega e Pdl da queste parti, tutto sommato di sti tempi non è male...
 
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view post Posted on 30/3/2010, 23:46
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In dubiis abstine

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Mi pareva di aver capito che la lega al nord ha mangiato un sacco di voti al PdL.
 
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Sesto Giulio Cesare
view post Posted on 31/3/2010, 07:49




nichi ha vinto....e tanto....la gente ha votuta lui anche cn voto disgiunto....la gente lo vuole qui....le sue fabbriche di nichi sn da esportare nelle altre regioni....lui è l'unico che puo' organizzare la vera resistenza sul campo e una valida alternativa agli italiani...e nn sono di sinistra io ;)
 
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Fede#91
view post Posted on 31/3/2010, 08:27




Vendola non era quello che la sinistra non ce lo voleva?
 
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85 replies since 30/3/2010, 15:13   751 views
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