| Voglio aprire questa discussione da cacciatore e quindi in alcune situazioni, frequentatore di posti che nessuno osa entrarvi per i motivi dopo scritti.
Il mio discorso di oggi è sul cambiamento del territorio, cambiamento dovuto ad un abbandono della ruralità da parte di tantissime persone, quindi per motivi economici.
Io sono un cacciatore "muntagnin" che mi piace la montagna e le alte quote (per quanto le Alpi Liguri possano offrirmi), posti che fino a 60 anni fa erano pieni di vita e fermento. Ma vivo al "mare" ed ho cacciato anche al mare per un anno o due, in cui la situazione è simile, ma con effetti ancora peggiori.
E' ormai deprimente vedere come la montagna, una volta viva, era un tripudio di prati, foreste "tenute" per la legna (che erano fruibili alla collettività), orti; situazioni che stanno scomparendo con la rinascita di piante invasive come i noccioli selvatici, che più che diventare alberi, rimangono allo stato di cespuglio, rendendo impossibile una loro fruizione. Una volta la crescita di tali cespugli era contrastato da una azione di pastori che mandavano le capre/pecore a strappare tutto, tenendo il prato; vi era un azione di "abbruciamento" ovvero bruciare i prati in primavera per evitare la crescita di cespugli e fare venire l'erba nutriente. Ormai anche l'ultima vestigia di vita lassù, ovvero i pastori, sono scoraggiati dalla presenza del lupo, che non viene controllata in Italia (mentre in Francia si), creando danni che vengono pagati in parte e impedendo una corretta fruizione del pascolo visto che il pastore fa rimanere le bestie vicine a lui e alla sua base per evitare perdite. Il problema, purtroppo, non si risolve mettendo soldi da parte di Regioni/UE per "pulire" o tenere la montagna.
Col tempo perderemo in pochi decenni, un lavoro secolare dei nostri avi.
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