La Corte Suprema è stata chiamata a giudicare circa il ricorso
presentato alla stessa dalla cittadina magic.anna.
Avendo preso visione delle argomentazioni del ricorrente e dei contenuti del ricorso, ci siamo soffermati, in particolare, sulla domanda centrale:
CITAZIONE
La domanda che vorrei porre è: se il giudice che ha emesso sentenza non si preoccupa di controllare l'espiamento della pena, se in sentenza non è indicata una pena aggiuntiva in caso di mancato espiamento, se il giudice non emette ulteriore sentenza nell'apposito topic, cosa si deve fare? a chi spetta stabilire la pena sostitutiva?
La prima osservazione della Corte Suprema, rigurda lo status dell'applicazione della norma prevista dall'art. 13 del Codice Penale.
Come è possibile osservare nell'
apposito topic dei profili penali, l'obbligo di legge per l'assegnazione di una pena per inadempimento della condanna non sia stato sempre attuato dai vari Giudici che si sono succeduti sugli scranni del Tribunale Ordinario e della Corte Suprema.
Emerge inoltre la mancanza di uno degli elementi fondamentali della passata storia giuridica vetlana: il topic in cui venivano comminate le sentenze per inadempimento della pena: esso non è stato trovato dalla Corte Suprema né al suo posto, né negli Archivi di vario genere.
La Corte Suprema sottolinea la gravità di questo accadimento invitando le autorità competentei a svolgere quanto prima attività di ricerca più approfondita e, in caso di mancato recupero della documentazione, provvedere a sanare la preoccupante situazione che s'è venuta a creare.
La mancanza della documentazione i nquestione impedisce alla Corte Suprema di valutare come s'è operato nel passato circa l'attribuzione delle pene accessorie per inadempienza e stabilire eventuali resposnabilità personali nell'applicazione incorretta della legge.
Passando al nocciolo del ricorso, la Corte suprema ritiene doveroso precisare che l'emettere nella prima sentenza una eventuale condanna per inadempimento è una procedura che può avere mero carattere di avviso o monito per il condannato. Viste le disposizioni di legge, nella formulazione delle sentenze è impensabile che venga emessa in via definitiva e a priori una punizione ulteriore ed equipollente al momento di stilare la prima sentenza.
Per altro nulla impone al Giudice di dover seguire alla lettera questo monito e l'averlo indicato non può sostituire in alcun modo il compito accessorio che l'articolo gli attribuisce in modalità specifiche.
Occorre precisare, comunque, un altro punto fondamentale, oltre a quelli chiariti poco sopra.
Il ricorrente parla di "ulteriore sentenza", ma la Corte Suprema deve ribadire che l'articolo 13 del Codice Penale non fa menzione di questa "ulteriore sentenza".
Infatti il presente parla di - testuali parole - "una punizione ulteriore equipollente a quella che gli era stata inflitta nella prima sentenza in aggiunta". Ci si riferisce ad una sentenza - alla prima sentenza - quella passata come definitiva - con l'obbligo di inserirvi una punizione - una e una sola - in aggiunta a quella prevista e dal medesimo carattere (che, vista la classificazione dei reati operata dal CP, fa riferimento a pene di natura omogenea).
Chiaramente emerge la totale inadeguatezza dell'articolo:
- non si comprende come un Giudice debba comminare queste punizioni, perchè una sentenza ulteriore non può emetterla,
- le sentenze già stilate non possono essere modificate perchè atti depositati al momento della pubblicazione,
- non può essere emessa sentenza preventiva per i motivi sopra citati.
A ciò va aggiunto che di fatto il comportamento incurante di taluni individui ha creato numerosi precedenti di inadempimento della legge, che potrebbe comportare azioni di rilevanza penale contro chi li ha provocati. Situazione che graverebbe come un macigno sul sistema Giudiziario poichè dovrebbero essere ripercorse a ritroso tutte le vicende processuali per stabilire chi era il Giudice che ha stilato la sentenza, se la sentenza è passata come definitiva, se la pena è stata scontata o meno, se il Giudice che ha stilato la sentenza fosse ancora in carica al momento in cui avrebbe dovuto verificare la condotta del condannato. E questo se si vuol dar credito alla possibile interpretazione che spetti solo al Giudice primo stilare nuovi provvedimenti a riguardo. Ne deriverebbe il collasso del sistema Giudiziario per i prossimi mesi, con processi che si moltiplicherebbero esponenzialmente visto che ad essere coinvolti sarebbero in molti, sia Giudici che condannati.
Occorre in proposito sottolineare un altro vulnus dell'articolo: circa l'assegnazione delle punizioni ulteriori ed equipollenti, il testo affida il compito al Giudice che ha emesso la sentenza.
Questo porta la Corte Suprema a rilevare che non c'è spazio alcuno per interpretare l'articolo in modo da cosnentire ad un Giudice ulteriore di verificare lo stato delle condanne e provvedere a comminare le pene: scaduto il mandato o dimessosi il Giudice che ha emesso la sentenza, a norma di legge altri non potrebbero intervenire i nsua sostituzione.
In più di fatto, bizzarria, si esclude la Corte Suprema da questo tipo di compito perchè si parla di un Giudice mentre la Corte Suprema è un'assise di tre Giudici che agiscono come unico organo giudicante.
Tutto ciò detto, la Corte Suprema viene caricata oltremodo di un compito extra ordinem, ovvero che esprima un giudizio sulle leggi vetlane che penetri anche nella valutazione della bontà delle stesse oltre che nella risoluzione delle controversie da esse provocate.
Compito irrituale forse, ma necessario visto il carattere della situazione.
In virtù delle valutazioni eseguite a motivazione delle decisioni prese in questa seduta, la Corte Suprema:
1. Stabilsice l'impossibilità di accogliere le richeiste del ricorrente così come forumlate dallo stesso.
2. Chiarisce l'interpretazione corretta - per quanto applicabile questo termine all'articolo in questione - dell'articolo 13 del Codice Penale:
- spetta solo al singolo Giudice che ha emesso sentenza controllare lo stato di esecuzione delle pene,
- le pene per inadempimento non possono essere comminate in fase di stesura della sentenza,
- le pene per inadempimento non possono essere comminate tramite sentenza,
- non è possibile assommare pene per inadempenza.
3. In virtù dell'art. 9, comma 2, della Costituzione:
CITAZIONE
Articolo 9
2. I giudici sono soggetti soltanto alla legge. Devono giudicare secondo essa e non possono rimettere ad altri organi l'individuazione delle disposizioni da applicare, nè possono dichiararsi impossibilitati a decidere o in altro modo denegare giustizia al ricorrente. In caso di problemi di interpretazione delle leggi i Giudici devono valutare se vi sono casi analoghi nelle sentenze precedenti e attenersi alla stessa interpretazione del precedente. In caso non vi siano precedenti e solo per questioni di corretta interpretazione del testo di legge i giudici possono sospendere il procedimento e presentare istanza di chiarificazione alla Corte Suprema.
E dell'art. 10, commi 9 e 10, della Costituzione:
CITAZIONE
Articolo 10
9. La Corte Suprema giudica a maggioranza con singola udienza istruttoria e successiva singola udienza di merito:
A- sulle controversie relative alla legittimità Costituzionale delle leggi, dei decreti aventi forza di legge, dei quesiti referendari, delle ordinanze del Governo nella sua interezza e dei singoli ministri e dei regolamenti interni degli organi cui la Costituzione impone la presenza di un Regolamento;
B- sui conflitti di attribuzione di una competenza determinata fra gli altri organi Costituzionali;
C- sulle controversie complesse relative a questioni di carattere elettorale o referendario;
D- sui ricorsi interpretativi, tesi ad ottenere la corretta lettura delle norme (non alla richiesta di annullamenti e soluzioni effettive della controversia);
E- su tutti gli altri argomenti che le leggi ordinarie prevedono la Corte possa giudicare
10. Le sentenze sugli argomenti di cui al comma 9 del presente articolo possono disporre ogni effetto -costitutivo, modificativo, eliminativo di situazioni giuridiche- necessario alla risoluzione secondo la legge delle controversie concrete e disporre l'annullamento di ogni atto normativo, anche per vizi nell'adozione.
La Corte Suprema ritiene necessario dichiarare incostituzionale l'articolo 13 nella sua formulazione attuale.
Ne ordina pertanto la rimozione dal Codice Penale e chiede all'Assemblea Nazionale di provvedere quanto prima ad una formulazione più corretta di un eventuale articolo sostitutivo, che sia aderente a tutti - e si sottolinea questa caratteristica - i principi legali previsti dalla Costituzione e dalle Leggi Vetlane nonchè dai principi di democrazia e libertà che hanno sempre caratterizzato la nostra Repubblica.
La Corte Suprema ravvisa che, a seguito della rimozione del citato articolo, vanno rimosse tutte le controversie concrete da esso generato, ma non potreanno essere ammessi ricorsi alla Giusztizia per l'applicazione passata della norma in quanto solo ad oggi è stato possibile accertare la natura incostituzionale della stessa: chi sente di aver subito un torto doveva procedere a tempo opportuno per segnalare il vulnus.
A giustificazione ulteriore di questa scelta va ribadita la mancanza della documentazione ufficiale - fatto di inaudita gravità - circa l'assegnazione delle pene ulteriori ed equipollenti.